Pubblicato il 23 marzo 2014 da asipp
Uno degli obiettivi di ASIPP è quello di condividere e promuovere una mentalità scientifica tra chi opera nell’ambito della perinatalità, tenendo conto della fisiologia, delle neuroscienze, della biologia, dando così la possibilità di uscire dall’ambito dei pareri o esperienze personali che sono sì importanti per ciascuno di noi, a livello soggettivo, ma che da sole non sono sufficienti per poter fornire una risposta esaustiva, seria e professionale ai genitori.
Occorre infatti appoggiarsi a solide basi biologiche e fisiologiche per dare risposte competenti.
Uno degli argomenti più caldi attorno al quale si sono prodotti, e tuttora si producono, molte informazioni errate, dove per errate intendiamo non basate su un’oggettività scientifica ma fondate su esperienze e opinioni personali, è quello del sonno.
Il sonno dei bambini crea sempre un certo scompiglio e tendenzialmente produce “attriti” anche tra alcuni professionisti che operano nell’ambito della perinatalità. C’è chi condivide alcune pratiche, chi le attacca ferocemente, chi chiama in causa possibili traumi infantili, chi ostenta senza possibilità di replica le proprie abilità di “alchimista del sonno”. A questo proposito ASIPP, proprio in qualità di associazione scientifica in primis, ha raccolto, effettuando una sorta di meta-analisi, tutte le più recenti, e non solo, ricerche scientifiche in merito al sonno dei bambini. Questo perché uno dei nostri intenti è quello di fornire agli operatori perinatali gli strumenti idonei ad effettuare consulenze a genitori in cerca di sostegno. Alla domanda: “ Siamo preoccupati perché nostro/a figlio/a dorme ancora nel lettone, cosa dobbiamo fare?” dovremmo dare tutti la stessa risposta. È un po’ come se venisse chiesto ad un oncologo: “ Ma il fumo di sigaretta è connesso al tumore al polmone?”. Essere seri e rigorosi significa non dovere rispondere: “ Mio nonno fumava 20 sigarette al dì ed è campato 100 anni”. In questo senso, ci auspichiamo che lo stesso rigore e metodo applicato alla medicina tradizionale venga utilizzato anche per quanto riguarda il mondo dei bambini. Poi la scelta di come utilizzare l’informazione ricevuta spetterà ai genitori. Così come io consapevolmente posso decidere se fumare o meno.
A tal proposito, al fine di arrivare ad una risposta contingente e non legata alle credenze e opinioni di ciascuno, è necessario fare un pochino di ordine. Un recente articolo (2013 anno di pubblicazione) apparso sulla rivista scientifica Pediatrics, ci viene in aiuto in questo senso, operando un distinguo tra la biologia e le norme culturali di un determinano paese. Riportiamo in breve alcuni passaggi.
«Negli ultimi 50 anni sono stati fatti numerosi studi in merito alla struttura del sonno, alla sua regolazione e alle sue funzioni. Tra le varie spiegazioni sulle funzioni del sonno, due sono le ipotesi predominanti […].
1) Il sonno come momento ristoratore e funzionale al metabolismo del cervello.
2) Il sonno come funzione di consolidamento di processi mnemonici e dell’apprendimento.
Tenendo conto che entrambe queste funzioni risultano vitali per l’organismo, il sonno deve essere necessariamente regolato a livello biologico. Di ciò ne abbiamo conferma dagli studi sulla deprivazione del sonno. I processi biologici possono determinare in parte anche la durata del tempo dedicato al sonno.
Il sonno, infatti, ha natura endogena e la sua regolazione è stata descritta sulla base di meccanismi generali, appartenenti a tutti (come ad esempio le varie fasi del sonno – REM e NRem). Tuttavia, tra gli esseri umani, esistono notevoli differenze individuali. Ciascun individuo è a sé. Ci sono infatti persone tendenzialmente molto mattiniere, così come altre che preferiscono andare a letto molto tardi la sera ed alzarsi tardi al mattino.
Così come per gli adulti lo stesso discorso è valido anche per i bambini. Le differenze nel sonno sono rese più complesse dal fatto che esso rappresenta un momento di sviluppo significativo per i bambini, poiché pare che siano coinvolti importanti processi neuronali.
Tuttavia, la biologia si accompagna alla cultura. In particolare, il sonno è influenzato da diversi standard culturali. Come dormiamo, con chi dormiamo e dove dormiamo sono frutto di abitudini e modelli culturali. La cultura influenza il sonno così come le ore di “veglia”. La stessa cosa vale per il sonno diurno, i cosiddetti sonnellini pomeridiani; in alcune culture si riposa anche di giorno, tutti insieme, adulti e bambini. In altre culture ciò non sarebbe tollerato […].
Le norme culturali determinano i confini tra sonno “normale” e sonno “problematico”. Dormire troppo, o troppo poco, all’ora sbagliata, o nel posto sbagliato, può essere indice di un problema […]. Dormire nel modo “sbagliato” può indicare la presenza di problemi, sia di tipo fisico o emotivo.
Tuttavia, ciascuna di queste possibili cause di ordine biologico può essere interconnessa ad elementi culturali. In ogni caso, la definizione o l’etichetta di problematico o meno resta un’interpretazione puramente culturale.
La regolazione culturale delle modalità di riposo comprende una serie di valori culturali e pressioni sociali, che non riguardano esclusivamente il sonno in sé ma tematiche più allargate e complesse, quali ad esempio il tema della dipendenza o interdipendenza del sé, i ruoli di genere, lo status sociale, l’immagine che si ha in una data cultura di famiglia ideale, gli obblighi della religione di appartenenza, i comportamenti moralmente accettabili. È dunque una norma culturale che spesso richiede un determinato comportamento, come ad esempio la condivisione del sonno. E non un bisogno fisiologico […].
Si può dire che sia la biologia che la cultura sono fattori determinanti nell’educazione dei figli e che giocano senza dubbio un ruolo bidirezionale.
Spesso però i dettami culturali dei genitori non coincidono con i bisogni fisiologici dei figli (siano essi emotivi o fisici). Occorre altresì tenere conto che i cambiamenti biologici seguono un andamento lento (prima che il sonno di un bambino sia uguale o simile a quello di un adulto occorro cinque anni circa). Molto spesso la cultura di appartenenza richiede ai bambini cambiamenti repentini.
In conclusione, almeno per quanto riguarda i clinici e i ricercatori, questi dovrebbero tenere in considerazione la loro appartenenza culturale e le circostanze sociali. In modo che le risposte date ai genitori vadano oltre le aspettative culturali e le interpretazioni personali. Non esiste ad oggi “una cultura vincente” e ottimale. Sono le determinanti biologiche individuali e i bisogni dei bambini che dovrebbero essere presi in considerazione. La domanda corretta e orientativa da porsi sarebbe: “ sono tutti i bambini capaci di adattare le loro necessità biologiche ai dettami e alle imposizioni della loro cultura?” ».
Si può affermare, tenendo conto di quanto brevemente esposto, che la questione sonno condiviso, lettone si o lettone no, in situazioni non rischiose e non patologiche, non è collegata ad eventuali traumi/disturbi/vizi/indipendenza, ma esclusivamente a sfondi culturali. Infatti, ad oggi, non esiste alcuna evidenza scientifica che dimostri, ad esempio, che la condivisione della stanza e del lettone comprometta la futura indipendenza del bambino.
Nelle consulenze a genitori/operatori, si dovrebbe tenere conto di questo e, peraltro, chiunque affermi che “condividere il sonno con i genitori crei bambini dipendenti da essi” afferma una cosa non vera e non dimostrata.
ASIPP sta lavorando a un libro ricco di spunti scientifici, dove sarà possibile reperire tutte le informazioni e fonti necessarie per essere correttamente informati su questo tema.
A cura di Alessandra Marelli
Fonte: “Children’s Sleep: An Interplay Between Culture and Biology”, Oscar G. Jenni and Bonnie B. O’Connor, Pediatrics 2005;115;204.